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Il 23 febbraio, la Commissione Europea ha adottato la proposta di Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence. La proposta mira a promuovere comportamenti aziendali sostenibili e responsabili lungo le catene del valore globali, chiamando le aziende che hanno un ruolo chiave nella costruzione di economie e società sostenibili a identificare – e, ove necessario, a prevenire, far cessare o mitigare – gli impatti negativi delle proprie attività sui diritti umani (lavoro minorile, sfruttamento dei lavoratori, ecc.) e sull’ambiente (inquinamento, perdita di biodiversità, ecc.).

Alle imprese, queste nuove regole porteranno in dote certezza giuridica e parità di condizioni. Ai consumatori e agli investitori garantiranno maggiore trasparenza. Più in generale, le nuove norme UE favoriranno la transizione verde e la tutela dei diritti umani.

Secondo Didier Reynders, Commissario Europeo della Giustizia, “questa proposta rappresenta una vera e propria svolta nel modo in cui le imprese gestiscono le attività commerciali lungo tutta la catena di approvvigionamento mondiale. Con queste norme, vogliamo difendere i diritti umani e guidare la transizione verde: non possiamo più chiudere gli occhi su ciò che accade a valle delle nostre catene del valore; abbiamo bisogno di cambiare il nostro modello economico”.

A chi si applica la normativa

Imprese dell’Unione Europea

Gruppo 1. Tutte le società dell’UE a responsabilità limitata di notevoli dimensioni e potere economico (oltre 500 dipendenti e oltre 150 milioni di € di fatturato a livello mondiale). L’Unione stima che a questo gruppo appartengano circa 9400 aziende.

Gruppo 2. Altre società a responsabilità limitata operanti in settori definiti ad alto impatto, che non soddisfano entrambe le soglie del Gruppo 1, ma hanno più di 250 dipendenti e un fatturato netto di almeno 40 milioni di € a livello mondiale. Per queste società, l’applicazione delle nuove regole comincerà 2 anni dopo rispetto a quelle del Gruppo 1. L’UE stima che a questo gruppo appartengano circa 3400 aziende.

I settori definiti ad alto impatto sono i seguenti:

  1. fabbricazione di prodotti tessili, pelle e prodotti correlati (comprese le calzature) e il commercio all’ingrosso di tessuti, abbigliamento e calzature;
  2. agricoltura, silvicoltura, pesca (compresa l’acquacoltura), fabbricazione di prodotti alimentari e commercio all’ingrosso di materie prime agricole, animali vivi, legno, cibo e bevande;
  3. estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte (compresi petrolio greggio, gas naturale, carbone, lignite, metalli e minerali metallici, nonché tutti gli altri minerali non metallici e prodotti di cava), la fabbricazione di prodotti in metallo di base, altri prodotti minerali non metallici e prodotti in metallo (tranne macchinari e attrezzature) e il commercio all’ingrosso di risorse minerarie, prodotti minerali di base e intermedi (compresi metalli e minerali metallici, materiali da costruzione, combustibili, prodotti chimici e altri prodotti intermedi).

Imprese extra UE

Più esattamente, sono interessate le imprese extra UE ma attive nell’Unione con soglie di fatturato generato nell’Unione stessa allineate al Gruppo 1 e 2. L’UE stima che a questo gruppo appartengano circa 2.600 aziende.

Le piccole e medie imprese (PMI) non rientrano direttamente nel campo di applicazione della proposta, ma un impatto è comunque prevedibile in quanto parte delle catene di fornitura delle aziende ricomprese nei Gruppi 1 e 2.

Le società il cui partner commerciale è una PMI sono inoltre incoraggiate a sostenerla nel rispetto delle misure di Due Diligence, nel caso in cui tali requisiti mettano a repentaglio la redditività della PMI e utilizzino requisiti equi, ragionevoli, non discriminatori e proporzionati nei confronti della PMI stessa.

La proposta si applica alle attività proprie della società, alle sue filiali e alle loro catene del valore (rapporti commerciali consolidati diretti e indiretti).

Cosa fare per adempiere all’obbligo

Per adempiere all’obbligo di Due Diligence le aziende devono:

  • integrare la Due Diligence nelle proprie politiche
  • identificare gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente attuali o potenziali
  • prevenire o mitigare i potenziali impatti
  • porre fine o ridurre al minimo gli impatti attuali
  • stabilire e mantenere una procedura di reclamo
  • monitorare l’efficacia della politica e delle misure di Due Diligence
  • comunicare pubblicamente sulla Due Diligence

Inoltre, le società del Gruppo 1 devono disporre di un piano per garantire che la loro strategia aziendale sia compatibile con l’obiettivo di contenimento del riscaldamento globale a 1,5 °C in linea con l’Accordo di Parigi.

Tale Direttiva è coerente con le linee guida e i framework pubblicati nell’ambito OECD e ONU (ad esempio, United Nations Guiding Principles on Business and Human Rights e OECD Guidelines for Multinational Enterprises) e si integra con le altre già pubblicate o in fase di pubblicazione sul tema della sostenibilità da parte dell’UE, tra le quali la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)  che andrà a modificare la precedente direttiva sul reporting non finanziario (2014/95/EU).

La proposta Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence passerà al Parlamento Europeo e al Consiglio per l’approvazione. Una volta adottata, gli Stati membri avranno due anni per recepire la Direttiva nel diritto nazionale e comunicare i testi pertinenti alla Commissione.

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